Cosa è l’arte?
Di fronte a questa domanda in tanti perdono la cognizione del luogo, alcuni sono colti da brividi incontrollabili ed altri simulano malori o convulsioni isteriche.
Perché? perché la domanda non è corretta, il quesito è posto in modo errato. La forma che dovremmo applicare è la seguente:
Cosa non è arte?
Questa formula così simile sotto l’aspetto della grammatica è però completamente opposta nel significato. La risposta a questa domanda è: niente! Tutto è arte.
Proprio così; tutto quello che i nostri occhi possono vedere, che il nostro olfatto può sentire, il nostro tatto può percepire, il nostro udito può sentire e il nostro gusto può assaporare, tutto questo è arte, tutto. Qualsiasi forma prenda il pensare si tramuta automaticamente in arte. Questo, sia chiaro, non significa che debba obbligatoriamente esser preso in considerazione, essere accettato senza contraddittorio o metabolizzato in modo inerme. L’unica fonte che non ammette opposizione di nessun tipo è la natura. La natura non è in discussione, non la si interpreta né si può limitare; mentre l’operato dell’uomo sì, ma con delle eccezioni che riguardano il disprezzo per la vita (propria ed altrui). Qualsiasi manifestazione volta a ledere l’integrità fisica e morale degli individui, solo in questo caso, non è da considerarsi arte.
Detto questo ora andiamo nello specifico, dove per specifico ci si riferisce a metodi espressivi che nella consuetudine sociale portano il pensiero a termini comuni di forme artistiche. Le più comuni associazioni al significato letterale d’arte, o quelle considerate tali, nel contesto contemporaneo sono riferite a:
la musica, la fotografia, il cinema, la scultura, la pittura e tutti i suoi derivati.
Queste belle cose che l’essere umano è in grado di fare sono vittime innocenti dell’essere umano stesso. Critica, odio, gelosia ed ignoranza affossano spesso e volentieri tutte le arti e le sfumature che vi gravitano attorno.
Cosa spinge le persone ad avere atteggiamenti simili?
E’ molto semplice.
Le persone (non tutte per fortuna) reagiscono con disprezzo e repulsione sempre verso ciò che non comprendono. Quindi il ragionamento base diventa: Se non ti capisco, ti allontano. Se non mi stupisco, ti colpisco.
Ma ha senso? sono effettivamente ingiustificati questi attacchi? oppure gli artisti se la vanno a cercare e provocano perché vogliono proprio una reazione violenta dello spettatore?
Ok, ora siamo di fronte ad un bivio obbligatorio. Cioè dovremmo capire qual è il limite per ogni forma espressiva e accorgerci del momento esatto in cui l’arte oltrepassa la soglia del buon senso comune e si confonde con l’offesa specifica.
La censura ideologica-concettuale.
Storiella (reinterpretazione di una vicenda accaduta nella storia dell’arte).
- Siete ricchi, potenti e volete far decorare un soffitto. Ovviamente vi assicurate di contattare il miglior professionista disponibile. Lo chiamate e gli dite: senti giovane con la barbetta, tu sei bravo e famoso, ti diamo quello che vuoi, ma facci un bel lavoro.
Lui contento risponde: quando inizio?
Voi: hai già iniziato!
Ok si mette all’opera, si rinchiude nella stanza e lavora come un matto per giorni, mesi e addirittura anni (5 per la precisione). Finisce, si asciuga il sudore e tutto bello soddisfatto vi chiama e vi mostra il risultato.
Voi che nel frattempo morivate dalla curiosità, andate di corsa ad ammirare il capolavoro prodotto, ma entrando nella stanza scoprite che il tipo, cioè il tizio con la barbetta, quello bravo e famoso, vi ha piazzato sul soffitto una specie di ammucchiata con corpi nudi dappertutto. Piselli, culi, tutto il repertorio degno di un night club.
Ecco cosa fate adesso?
Lo prendete a calci e vi fate restituire il denaro, ma dopo aver chiamato i Carabinieri e la Neuro, ovvio. -
Vedete, è successo più o meno lo stesso intorno alla metà del 1500; i tipi erano preti ed il tipo era un certo Michelangelo. Lui per poco non finisce crocifisso per questo dipinto (affresco), ma per fortuna quelli si sono accorti che la croce era già occupata da un’altro e hanno lasciato perdere, si sono limitati solo a coprire le nudità e mandare a fanculo il povero Miky B.
Per chi non avesse capito (speriamo pochi), il bordello oggetto dello scandalo è il Giudizio Universale di Michelangelo Buonarroti realizzato nella Cappella Sistina, che ora ammiriamo, apprezziamo e non critichiamo per le figure prive di indumenti.
Certo, ci sono voluti 500 anni, però alla fine è stato capito; anche se allora poteva sembrare che l’artista avesse oltrepassato i limiti del buon senso comune, ora sappiamo leggerlo e decifrare il suo significato.
Quest’esempio (forse stupido) lo possiamo proiettare tranquillamente alla realtà contemporanea ed in qualsiasi forma d’arte, dove assistiamo increduli ad innumerevoli attacchi lanciati da difensori e paladini del buon senso nei confronti di menti sottili che come unica colpa hanno il dono dell’intelletto profetico (sono avanti). Allora come giustificazione pronta all’uso, quella che alcuni portano sempre con se, si utilizza la famosa frase: questa non è arte! O anche: questo è offensivo! Oppure quella che va di moda ultimamente: ha superato il limite!
Il limite?
Il limite nell’arte può e dev’essere superato senza nessuna paura, perché a differenza del limite di velocità, quello dell’arte non incontra mai autovelox.
Quando ci troviamo faccia a faccia con l’ignoto è sempre consigliabile fare un bel respiro, prendere tempo, bere un caffè e pensare: va bene dai, ammetto che questa cosa non mi piace anzi mi fa schifo, ma se la critico senza motivo, poi la attacco duramente, la maltratto senza ritegno, organizzo fiaccolate di protesta per dire che ha superato il limite e invece poi tra 10, 20, 50 o 500 anni questa stessa porcheria, che tanto offende la mia mente innocente, viene considerata da tutti un capolavoro... ecco... in questo caso... i miei discendenti, mi daranno del coglione?