La necessità di comunicare e di agire è legata all'appagamento dei bisogni. Questo avviene nell'uomo dai tempi preistorici, la conseguente evoluzione del linguaggio è stata fondamentale per la sopravvivenza della specie. Per soddisfare i suoi bisogni, l’uomo ha dovuto necessariamente trasmettere informazioni al suo prossimo. Ecco perché l'essere umano, come dichiara il comportamentismo, quando deve cercare un tipo di risposta valida a soddisfare il suo bisogno, riprende i principi di sopravvivenza primitivi.
Nel corso del tempo prende forma la persuasione, il poter convincere e indirizzare il comportamento degli uomini. Le tecniche persuasive assumono valore differente a seconda del periodo storico in cui sono collocate: infatti, esse vengono perfezionate e adattate dalla società di un determinato contesto culturale e sociale.
La pratica e la possibilità di influenzare le interazioni umane con tecniche discorsive, ha fatto sì che le classi dominanti e i ceti emergenti abbiano cercato, con il passare del tempo, di monopolizzare lo strumento linguistico della stessa società d’appartenenza.
E non si può certo rimanere sorpresi se la naturale conseguenza di tali pratiche ha portato nelle vite quotidiane la pubblicità. La tanto odiata pubblicità, o forse dovremmo amarla? Certo non è questo il momento per approfondire la storia della pubblicità, le sue innumerevoli sfaccettature, le tecniche sofisticate degli addetti ai lavori o le pratiche illegali di coercizione. Solo l’essenziale per arrivare meglio al senso del discorso.
Intanto iniziamo a dire che il messaggio pubblicitario ha due funzioni pratiche: è indubbiamente un mezzo d'informazione, perché trasmette notizie al pubblico utilizzando un linguaggio razionale; ma è anche un potente strumento di manipolazione e persuasione perché sfrutta un sottile linguaggio emozionale, che cattura la mente dello spettatore e lo coinvolge (fino ad accompagnarlo all’atto conclusivo: “l’acquisto”).
La retorica classica usava la strategia del ricorso alle emozioni per attirare l'attenzione dei destinatari e convincerli di una determinata tesi, tanto che già ai greci nei tempi di Aristotele, era chiaro il concetto di nuovo-conosciuto (dicotomia).
Si può tranquillamente equiparare la pubblicità alla retorica perché riprende in un certo seno i suoi meccanismi ed anche i suoi obbiettivi, che sono:
Docere: trasmettere informazioni (suggerimenti);
Movere: suscitare un'emozione e trascinare l'ascoltatore;
Delectare: tener vivo l'interesse dell'ascoltatore, rendendo piacevole ciò che sta ascoltando (guardando).
Perciò è chiaro che la pubblicità ha origini molto diverse da quelle che s’ immaginano prendendo in considerazione gli sviluppi delle ultime decadi ed i risultati che ne sono conseguiti. Si sono modificati gli scopi, i mezzi e anche i protagonisti.
Al perfezionamento del linguaggio utilizzato dai “pubblicitari” si è riscontrata anche una crescita parallela della diffidenza del “pubblico” verso i messaggi comunicativi sempre più presenti, pressanti e sofisticati. Quindi è una simbiosi quasi naturale, perché col tempo l’uomo ha modificato anche i suoi bisogni ne consegue un adattamento delle varie forme di comunicazione.
E’ curioso notare che circa alla metà del secolo scorso, Vance Packard analizzò attentamente i desideri nascosti, i bisogni e gli impulsi irrazionali del pubblico, per trovarne i punti più vulnerabili da poter sfruttare ai fini pubblicitari. Tra i fattori inconsci presenti negli uomini si scoprirono “la tendenza al conformismo, il bisogno di stimoli e di sicurezza; l'uomo si sente felice e sicuro quando vive esperienze simili agli altri, quando viene omologato agli altri.”
Quindi l’uomo cerca sempre di assomigliare ai suoi simili?
Vuole avere certezze e consolazioni reali?
Basta chiedere e la pubblicità da...
Ma allora perché spesso si associa questa antica pratica ad una forma di vita sgradevole da reprimere? Perché si erigono barriere per evitarla? Perché è diffusa la convinzione di poterne restare incontaminati?
Forse affermazioni del genere non aiutano nel processo di fiducia:
“Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un'azienda privata o dare in monopolio a una società l'atmosfera terrestre.”
Marshall McLuhan
C’è indubbiamente del vero in queste parole, non è certo pensabile contraddire gli studi di McLuhan, ma lo scenario non è poi così apocalittico anche se... anche se, anche se è verosimile pensare che per ogni desiderio ci sarà sempre qualcuno pronto a soddisfarlo per voi. Non solo, ve lo farà trovare di fronte, bello, profumato, luccicante e in offerta speciale. Siete fottuti.
Siete folli se pensate di poter restare imuni da tutto questo!!!
La pubblicità è il riflesso più realistico che l’essere umano possa lasciare ai posteri.
D’altronde se davvero si vuole capire un popolo è bene conoscere il suo linguaggio, no?
Ei questo ovviamente non significa che dobbiamo obbedire alle leggi di mercato o metterci tutti in fila alla cassa... L’evoluzione per fortuna è stata clemente lasciando al cervello libertà di pensiero. Cosa c’è riflesso quindi nella vostra mente? Un desiderio?
A voi la scelta (del volantino).